giovedì 26 dicembre 2013

Buoni propositi da fanwriter.

Ho sempre ammesso col cuore in mano che a me piace scrivere e che scrivo anche fanfiction.
Trovo che il fanwriting possa essere un bel passatempo oltre che una vera e propria passione.
Ho iniziato due anni fa a militare su EFP (sì, ho scoperto molto tardi il sito, ma vabbe') e il fandom che ho sempre adorato e tuttora amo è quello di Devil May Cry.
La considero una seconda casa, ho mosso i miei primi passi lì.
Io prima non facevo leggere i miei testi a nessuno (se si escludono i temi di italiano come compiti in classe) e ho preso una bella dose di coraggio per mostrare i miei lavori a qualcuno sconosciuto.
Per una che si è sempre fatta tante paranoie come me, questo è un traguardo non indifferente.
In quel fandom per me ci sono state gioie e dolori e il ritorno sotto mentite spoglie di una fanwriter che ho letteralmente sul culo, ora può provocare tre cose per la Fenice Oscura che è in me.

1) Rivedere il fandom invaso dalle sue improponibili storie con largo consenso di pubblico (diamine, ci sono autori che meritano davvero e la gente legge le sue storie);
2) Incazzarsi perché gli autori che meritano non vengono calcolati;
3) Andare avanti per la propria strada.

L'uno è sicuro, ci scommetto quello che si vuole, la seconda è scontata, la terza è la somma espressione della mia individualità.
A poco a poco ho imparato a essere "superba" nel giusto, ovvero nel credere nelle mie capacità.
Certo, ci sono sempre persone più brave e migliori di me, ma se non punto all'excelsior sapendo che posso farcela solo se voglio... non si va da nessuna parte.
La variante della superbia della sottoscritta è il risonoscere, invece, con sentita umiltà quando sbaglio e quanto posso migliorare.
Posso sempre farlo, l'apprendimento è un processo dinamico.

Ed ecco qui cosa ho in programma di fare:

Buoni propositi da fanwriter:

1) Non abbandonare il fandom di Devil May Cry (col cavolo che lo lascio, ho ancora molto da dire e la voglia di parlare).
2) Riprendere "Nocturne with no moon" (che ho trascurato da quando sono andata in crisi. Ho vissuto tre crisi, una peggiore dell'altra).
3) Sguazzare in Soul Eater (mi piace questo fandom, ci sono alcuni autori validi e i lettori sono educati e gentili).
4) Prendere coraggio e pubblicare in Saiyuki e FullMetal Alchemist.

Propositi per Barbara:

1) Rielaborare gli haiku e vedere di ricavarne una raccolta come si deve.
2) Rendere il Notturno un romanzo.
3) Partecipare al concorso letterario organizzato dall'università.
4) Incazzarsi come una belva e protestare se possono partecipare solo gli studenti delle facoltà umanistiche (è un'ingiustizia).

E la più importante: vincere il trasferimento a Parma.
Perché questa città? Tra i tanti motivi ne dico uno significativo.
Ogni tre mesi indice per gli studenti di ogni facoltà concorsi per prosa e poesia e la casa editrice universitaria permette di pubblicare gratuitamente gli elaborati.
Sarebbe fantastico, lo riconosco.
Ma per farcela, devo darmi da fare.
Volli, volli, fortissimamente volli.

domenica 8 dicembre 2013

Post fata resurgo.

Non credo in un dio, del Natale mi importa poco quanto nulla e quindi la festa per me passa come una giornata normalissima (anzi, anche pessima se si sta col parentado), ma se dovessi fare un bilancio in anticipo di quest'anno che a breve finirà, posso dire con certezza assoluta che è stato il più schifoso, il più tragico e il più merdoso di tutti quelli passati, a mia memoria.
Non vedo l'ora che finisca, per far sì di avere nuove pagine da scirvere e soprattutto per costruire qualcosa più alla mia portata, più vicino a quello che sento e che desidero.
Malauguratamente o forse no, il passato non si può cancellare, verrà a bussarti e a farti visita ogni volta in cui ti metterai un attimo a riflettere; magari vorrà di nuovo farti cadere nello sconforto e farti credere di non poter andare avanti.
Il tempo passa, la gente cambia. Io anche, a modo mio, sono cambiata e continuerò a cambiare.
Ho giurato a me stessa che non piangerò più; ho versato troppe lacrime quest'anno, ho perso troppo peso e troppo velocemente, ho dimenticato quali fossero le mie priorità, le mie aspirazioni, i miei sogni.
Non succederà mai più.
Aver raggiunto la consapevolezza del mio io e aver capito cosa voglio davvero è un sintomo (spero chiaro) di quella che dovrebbe essere la mia rinascita.
I am an ocean, I am the sea, there is a world inside of me.
Post fata resurgo, io sono una Fenice.




sabato 7 dicembre 2013

Cento cose che nessuno sa di me. Parte tre di cinque.

#41 Amo i gufi, sono una delle mie tre creature preferite. Li amo così tanto che ho tanti oggetti e gadgets con questi simpatici animaletti, a partire dalle magliette, agli orecchini, per passare che so, alla sveglia o anche al guscio protettivo del cellulare.

#42 Ho intenzione di prendere un cane lupo cecoslovacco. La scelta è stata ben ponderata e so bene i rischi e le cure che necessitano queste creature, ma credo che sia l'unico amico a quattro zampe che vorrei col quale instaurerei un vero rapporto di rispetto e fiducia, proprio per via della sua natura per metà selvatica.
Assieme a lui ritornerei a essere la Barbara di una volta.

#43 Fin quando non andavo all'università, non avevo amici. Ho conosciuto la mia migliore amica in facoltà, mentre ho conosciuto il mio migliore amico scrivendo su EFP. Ma abitiamo lontanissimi.

#44 Parlando del mio migliore amico in termini da fanwriter, le mie amiche e una in comune ci vedono come una vera OTP e sperano che un giorno noi due ci fidanziamo e ci sposiamo perché siamo perfettamente compatibili. Il fatto è che, se le circostanze fossero stare ben diverse su tanti fronti, il loro sogno sarebbe potuto essere realtà. Abbiamo infatti ammesso entrambi anche questo. Ma siamo amici, nulla di più, ne siamo consapevoli e ci sta bene così, anche perché lui ama la sua ragazza e io non farei mai nulla per farli lasciare.

#45 Amo la lirica e spesso, quando non mi sente nessuno, canto in falsetto.

#46 Tirare lo sciacquone del water mi rilassa.

#47 Ho una penna sul davanzale della finestra del bagno perché spesso scrivo sulla carta igienica se colta dall'ispirazione.

#48 Sono un'ambidestra imperfetta, nel senso che faccio alcune cose solo con la destra, altre con la sinistra.
Ma so scrivere con entrambe le mani, sebbene a velocità diversa.
Io nasco come mancina, ma mi corressero da piccola.

#49 Sono una fanatica dell'ordine alfabetico. Catalogo i miei libri in ordine alfabetico di autore e poi il titolo. Ma anche quando parlo o scrivo, mi viene spontaneo scrivere secondo l'alfabeto. Esempio: la lista della spesa. Se devo comprare le arance, le banane e le mele non scriverò mai "mele, arance, banane", per dire.

#50 Mi piace misurare le mattonelle coi piedi. Ho un piede talmente piccolo che spesso la lunghezza della mattonella è maggiore di quella del piede.

#51 Scrivo sempre su foglietti volanti quando ho l'ispirazione, con tutto che ho il moleskine in borsa.

#52 Non amo sentire l'odore del detersivo dei piatti sulle mani e infatti vado sempre in bagno a rilavarmi le mani col bagnoschiuma.

#53 Amo l'odore della candeggina e dell'alcool etilico denaturato. Mi danno la sensazione di pulizia.

#54 Quando mi gira il pallino, vado ad annusare il profumo dell'ammorbidente.

#55 Odio quando la gente cerca di toccarmi i capelli, è una cosa che non tollero.

#56 Sono freddolosa, ho sempre e perennemente freddo; anche in estate ho le mani e i piedi freddi.

#57 Vorrei un water come quelli giapponesi, ovvero quelli che hanno l'interruttore e il sistema di riscaldamento.

#58 C'è stato un periodo in cui volevo diventare una fumettista, ovvero una mangaka. Infatti la mia prima mail ha l'intestazione "laylathemangaka".

#59 Alle scuole medie ci fecero fare le statuine del presepe con la pasta di sale per poi dipingerle. Io, atea, non appena feci vedere il lavoro per il voto, le portai a casa e le buttai nella pattumiera

#60 Mi piace usare la penna rossa.

venerdì 6 dicembre 2013

Una playlist particolare.

Memore di una domanda che mi hanno posto su Ask giorni fa, ho deciso di stilare una lista di personaggi dello spettacolo che per me sono belli e/o affascinanti.
Sia uomini sia donne.
Parto con gli uomini.
Il più bello di tutti è mio nonno materno, è magnifico anche ora che non c'è più. Non ho una foto da scannerizzare, dovrei togliere la cornice, ma non la saprei rimettere.
Poi vediamo:
b) Giacomo Leopardi (sì, lui è l'unico uomo del passato che amo in toto e non solo per la bellezza dei suoi versi),
c) Hugh Jackman,
d) Oliver Sykes,
e) Slash,
f) Alice Cooper,
g) Tuomas Holopainen,
h) Kurt Cobain,
i) Ville Valo,
j) David Garrett,
k) Hugh Laurie,
l) Kurt Cobain,
m) Serj Tankian,
n) Chris Hemsworth,
o) Colin Firth.

Cosa si nota? La maggior parte sono tutti musicisti. Lo avevo detto io che avevo avuto la fase "pazza per i musicisti", no?
Si passa alle donne.

a) Amy Lee,
b) Cristina Scabbia,
c) Lzzy Hale,
d) Floor Jansen,
e) Simone Simons,
f) Nicole Kidman,
g) Monica Bellucci,
h) Liv Tyler,
i) Christina Aguilera (non la versione Secchetta, sia chiaro).

Qui invece, a parte il fatto che ci sono sempre cantanti e musiciste per la maggior parte, abbiamo delle altre caratteristiche. Sono pazza delle rosse (anche dei rossi, mio nonno lo era) e delle donne formose (la Kidman è uno stecchino, ma è bella comunque).
Sì, mi piace vedere anche e fare apprezzamenti sulle donne e sì, guardo loro il seno oltre al viso, specie gli occhi, le labbra e il sorriso (ho la fissa per le persone coi denti dritti, eh, un pallino lo devo pur avere).
Semmai dovessi innamorarmi di una donna, vorrei apprezzarne e saggiarne la pelle, le curve, le forme appieno.
Dopotutto, sarà che anche io non sono un grissino e mi sono sempre sentita, come dire, apprezzata e compiacente del fatto di non avere solo ossa, insomma.
Se dovete criticare gusti, tendenze e pareri, ovviamente, al largo dal mio blog e dal mio post.

domenica 1 dicembre 2013

Cento cose che nessuno sa di me. Parte due di cinque.

#21 Sono una fan sfegatata del volley maschile. Quello femminile a mio dire non è così emozionante, non ha molti scambi come quello maschile. E seguo anche la nazionale, è l'unico sport che seguo e che mi appassiona. Sembro un tifoso del calcio per quanto mi lascio coinvolgere.
Da piccola adoravo la Maxicono Parma e ci sono rimasta malissimo quando hanno sciolto la squadra.
Al momento il mio cuore batte per la capolista della serie A1, la Lube Banche Marche Macerata. Ci gioca uno dei pallavolisti che reputo tra i più talentuosi: Ivan Zaytsev, detto lo Zar o colui che ha Mjolnir, il martello di Thor. Quando gioca la Lube sono informatissima. E se la tv trasmette la partita, io devo assolutamente vederla. Per esempio, il trenta novembre, Rai Sport 2 ha trasmesso Macerata-Modena e io ero a casa a vederla, struggendomi per ogni punto, ogni schiacciata, ogni sbaglio, ecc. Sì, la Lube, dopo una partita spettacolare e sofferta, ha fatto il culo a Modena.
Ho in programma di andare con la mia migliore amica a vedere una partita in diretta e se sono fortunata fare la foto e chiedere l'autografo allo Zar, magari al ritorno Modena-Macerata, chissà.

#22 Odio il pane e la pasta. La pasta la mangio solo perché costretta, e l'unica volta in cui la mangio di gusto è quando si cucina il pesce. Amo il pesce, in tutti i modi: al sugo, al forno, al cartoccio... non nascondo che il mio piatto preferito è a base di pesce: il risotto alla pescatora.

#23 L'unica malattia infettiva che ho preso è la varicella e l'ho presa a sedici anni perché l'aveva contratta mio fratello a scuola. La varicella, inoltre, mi ha abbassato la vista.

#24 Odio portare gli occhiali, ma non sopporto le lenti a contatto. Infatti una delle mie due vanità sono proprio gli occhi e nelle foto tolgo gli occhiali, sempre. A meno che non me le scattino di nascosto e lì mi arrabbio.

#25 Non ho mai tagliato i capelli corti, li ho sempre portati lunghi. Da piccola li avevo fino al ginocchio, poi non mi ricordo come e perché me li sono fatti spuntare e ora sono stabili a circa un metro di lunghezza.

#26 Odio il colore marrone, non ho una maglia o un pantalone di quel colore. Tollero il beige, ma è già tanto. Se devo vestire scura, opto per il blu scuro, al massimo per il nero.

#27 Il mio codice di sblocco del cellulare è la data di nascita di mio nonno materno, a entrambi i cellulari.

#28 Quando parlo e scrivo sono molto prolissa e logorroica, so essere di poche parole solo quando scrivo haiku.

#29 Non ho un bel rapporto coi miei e quando proviamo a parlare, urliamo, non c'è dialogo.

#30 Se non fossi entrata a Medicina, avrei frequentato Astronomia a Bologna. Invece feci anche il test per Odontoiatria e per Ostetricia. Entrai anche lì, ma fu un'idea di mia madre per un ipotetico "rimpiazzo".

#31 Per me un uomo sempre bello, fuori e dentro è Giacomo Leopardi. Si tratta forse del mio primo e unico vero amore letterario.

#32 Sono molto emotiva e associo le canzoni ai miei ricordi. A tal proposito, sono quasi sei mesi che non ascolto i Breaking Benjamin e "Lost in you" dei Three Days Grace perché la seconda era la colonna sonora della mia prima e importante storia e i primi perché sono la band con la quale ho iniziato a conversare col mio ex e a instaurare un rapporto.

#33 Voglio farmi dei tatuaggi, ma non ho paura degli aghi, quanto più della sterilità degli stessi.

#34 Vado in trip potenti con brani e band. Ascolto le canzoni in loop e non mi ci stanco, e va a finire che grazie a esse ci scrivo su.

#35 Ho scritto delle canzoni solo ascoltando gli Animals As Leaders e i loro brani strumentali.

#36 Odio il gossip con tutta me stessa, in tutte le salse e in tutte le solfe.

#37 Sono molto violenta e alzo facilmente le mani se vengo provocata della grossa.

#38 Ho picchiato al liceo una ragazza e lo rifarei ancora e ancora. Diceva che io avevo dieci in italiano e latino perché andavo al letto col prof e non era vero.

#39 Sono una "calamita" per ragazzi dai sedici ai diciott'anni. Prendono delle cotte spaventose per me e finisce che si innamorano di me senza che io abbia fatto nulla per farli "cuocere".

#40 Sono affascinata dai ragazzi coi capelli lunghi.

Cento cose che nessuno sa di me. Parte uno di cinque.

In un momento di follia contagiosa, voglio fare anche io questo giochino forse stupido, forse noioso, ma assolutamente veritiero, per quanto mi riguarda.
Certo è che non sarà facile per me trovare cento affermazioni forse così poco note di me, ma ci provo.

#1 Sono nata con ventidue giorni di ritardo. Mi feci le ferie, come si suol dire ed ero sull'orlo di nascere, ma morta perché i valori nutritivi erano in calo e il parto non si induceva. Sono figlia della scienza e di coloro che hanno inventato il parto pilotato.

#2 Nacqui con gli occhi verdi, come quelli di mia madre, e avevo i capelli neri. Dopo nemmeno dodici ore, i miei occhi divennero nocciola con delle sfumature di verde, come quelli di mio padre. Mia madre, vedendomi la sera, chiese e pretese delle analisi perché "questa non è mia figlia". Ero l'unica bambina dell'ospedale nata in quel giorno, ma vabbè. Il gruppo sanguigno però coincideva. Le è stato spiegato che il colore degli occhi, a meno che non sia molto definito (azzurro, marrone scuro), nei bambini alla nascita è soggetto a variazione e col tempo sarei ritornata al mio colore di nascita. Così è stato. Dopo ventidue anni sono quasi tornata a riavere gli occhi verdi, come quando ero nata. Il pigmento castano si sta progressivamente riducendo; ora infatti è solo vicino alla pupilla.

#3 Avevo il complesso di invidia verso mia madre. A partire dai capelli. Li volevo biondi come i suoi e poi mi innervosivo spesso quando mi diceva che alla mia età (a partire dai quattordici anni) era piena di spasimanti. Non ci credevo, ma poi ho avuto la conferma da mio padre. E io mi facevo un sacco di complessi perché non piacevo a nessuno, mi reputavo tremendamente brutta. Sinceramente non ho mai capito cosa ci trovassero in lei, perché non è proprio il mio tipo di donna, esteticamente e caratterialmente. Oggi ho smesso con queste seghe mentali, e mi piaccio così come sono. Anche se sono alta un po' più di un Hobbit della Contea, va benissimo così.

#4 Sto diventando ramata, senza tinture o altro. E ne sono felice perché mio nonno aveva i capelli rossi. Si tratta di un'altra parte di lui che ci lega, oltre alle cose che mi ha insegnato.

#5 Ho vissuto la fase "innamorata dei musicisti", ma in modo del tutto innocente, nel senso che credevo nell'amore e che un giorno avrei sposato un musicista.
Da piccola si trattava del mio padrino, che ha una voce bellissima e mi ha insegnato a cantare, poi sono passata a Slash dei Guns N'Roses e a Oliver Sykes, il vocalist dei Bring Me The Horizon, di cui voglio dire una cosa: quando canta fa delle espressioni, come se facesse l'amore col canto; è... davvero bello.
Ancora oggi li trovo molto belli (il mio padrino in primis, lo adoro), ma non ho mai fatto come le fan di certi "artisti" di oggi che immaginano di sc*pare i loro "idoli" coi poster o di far loro certi "servizietti". No, fortunatamente non ero così. E non lo sono oggi.
Però posso dire che i musicisti esercitano su di me un fascino particolare, anche oggi, nella realtà, ma questa è un'altra storia.

#6 Odio i romanzi d'amore. Tutti i rosa, i romances, i chick-lit, quelli strappalacrime, pieni di struggimento e col lieto fine ovvio, banale e scontato. Idem per i film. Odio Titanic, Via col vento, e tutti gli altri. Al massimo mi concedo Bridget Jones perché è leggero e ironico a modo suo.
Se qualcuno mi invita o cerca di costringermi a vedere un film o leggere un libro che parla d'amore, lo sbrano.

#7 Penso che il numero sette sia il mio numero "fortunato", la somma della mia data di nascita dà proprio questa cifra. E poi io sono un'amante dei numeri dispari e delle figure legate a questo numero, a partire dai sette samurai.

#8 Non ricordo mai i numeri di telefono e ho ancora una rubrica cartacea.

#9 Ho iniziato a leggere spedita a un anno e a scrivere a un anno e mezzo. A tre anni ho iniziato a studiare a casa inglese e francese oltre all'italiano.

#10 Il mio padrino mi ha regalato la sua Gibson Les Paul, ma non so suonare, per mancanza di tempo non ho ancora iniziato ad applicarmi a suonare. E dire che lo vorrei così tanto.

#11 Amo da morire tradurre qualsiasi cosa mi capiti sotto tiro se è in una delle lingue che conosco. Mi piace vedere i film in lingua originale e aborro i sottotitoli. Infatti spesso vedo film o altro da sola, perché le persone vicine a me sono delle chiaviche nelle lingue.

#12 Da quando ho tredici anni ho in testa l'idea di fare il medico legale. E ancora oggi sono di questo avviso.

#13 Voglio studiare il greco antico (mi sento un'impedita conoscendo solo il latino) e il giapponese.

#14 Sono una fanatica dell'etimologia.

#15 Non credo di volere figli e infatti ho promesso a me stessa di dare i nomi che mi piacciono ai miei figli di carta, ovvero i miei personaggi, nel romanzo che voglio scrivere e pubblicare: Layla, Galadriel, Raffaele, Davide.

#16 Quando mi arrabbio bestemmio come non so cosa e in più lingue.

#17 Non conosco il mio dialetto (e le poche parole che so sono un fritto misto di più dialetti, la maggior parte delle parole me le invento) e quando cerco di parlare con i pazienti anziani in reparto non capisco quasi un ciufolo di quello che mi dicono.

#18 Se fosse per me starei sempre con la musica nelle orecchie e a cantare. Amo cantare con tutta me stessa.

#19 Mi piace cucinare, sono una buona forchetta, ma mangio molto poco.

#20 Sono ipocondriaca, ma ho saputo diagnosticarmi due "patologie", da sola, analizzandomi obiettivamente sintomi e segni.

sabato 30 novembre 2013

Go To Hell, For Heaven's Sake.

Questo mio post non vuole essere né provocatorio né dissacrante.
Sì, certo, come no.
Come tanta gente elogia il loro credo, io oggi voglio parlare del mio non credere.
Parto, come deformazione professionale ab ovo, ovvero dalla parola ateo come definizione (presa dal Vocabolario Treccani online):

àteo agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. tardo atheus, atheos, gr. ἄϑεος, comp. di - priv. e ϑεός «dio»]. – Che, o chi, nega l’esistenza di Dio: dottrine a., affermazioni a., scetticismo a.; essere, dichiararsi a.; le concezioni, le posizioni dottrinali di un a., degli atei.

In pratica, in termini generici, io sarei una senza dio, nulla di più vero
Tempo fa, ovvero quando ero più giovane, mi professavo agnostica, cioè, leggendo la parola di partenza:

agnosticismo s. m. [dall’ingl. agnosticism (Th. H. Huxley, 1869), der. di agnostic: v. agnostico]. –

1. In filosofia, ogni teoria che limita la capacità conoscitiva del pensiero umano alla sfera ristretta dei fenomeni, pur non negando in modo assoluto la possibilità di conoscere il vero.

2. estens. Ostentata rinuncia ad approfondire la conoscenza di fatti, dottrine o altre realtà (nel campo religioso, politico, sociale, culturale, ecc.) nella loro vera essenza e nel loro preciso valore. 

Ne consegue che l'agnosticismo corrisponde a una voluta mancanza di presa di posizione, nel secondo significato.
Io penso di associare il significato uno di "agnosticismo" più l'aggettivo ateo: nego l'esistenza di un dio perché non lo vedo, non è tangibile, pur tuttavia non mi precludo di scoprire la realtà come un agnostico.
Nel caso in cui ci siano le prove di tale "ineffabile", allora e solo allora crederò.
Tutto questo preambolo perché?
Semplicemente perché io, la regina delle lamentele e degli smadonnamenti, sono stata attaccata in banca da una signora di mezza età che ha aspramente criticato il fatto che sono atea.
La dinamica è stata la seguente.
Dopo aver preso il biglietto col numero del mio turno, mi metto in fila (era abbastanza vicino il turno per far sì che restassi in piedi) e alla mia sinistra, in corrispondenza dell'altro sportello, ecco la tizia che parlava con un'altra donna (che non faceva altro che annuire) dell'aborto.
Questione spinosa, e se ne parla in banca, vabbè.
Dovete sapere che io, dovunque vada, sto sempre con le care cuffiette nelle orecchie, per ascoltare la musica e per non essere disturbata.
Il fatto che sia stata interpellata, con tutto che stavo ascoltando i miei adorati Bring Me The Horizon, non mi ha urtata, di più.
Per educazione, rispondo alla domanda "signorina, non trova anche lei che la vita è sacra e che l'aborto è un abominio agli occhi di Dio?".
La mia mente aveva contemplato la risposta "no, è lei l'abominio che mi rompe al momento i coglioni".
Ma sono stata zitta, però avrei dovuto esserlo in toto perché dire "ecco, ma veramente io sono atea".
Ha scatenato il putiferio.
Questa pazza a inveirmi (urlando proprio!) contro dicendo che è inconcepibile che una ragazzina non abbia fede, non creda in dio e via discorrendo. Mi dava dell'ignorante perché non credevo.
La mia reazione fu palese e scontata per chi mi conosce.
Cacciai un porcodio ad alta voce e iniziai a dare le mie motivazioni per cui non credo.
Darmi dell'ignorante, quando penso di avere una buona cultura anche religiosa e generale a carattere letterario, storico, filosofico, scientifico ecc, mi pare una bella presa per i fondelli; specie se lo dice un'emerita sconosciuta.
Viene da pensare e dire "ma da quale pulpito viene la predica?" e non solo.
Come sempre, il rispetto delle idee altrui è pura utopia.
E siccome oggi i link non vanno, diciamo che questo brano ci sta.
http://www.youtube.com/watch?v=C7cczTyQ4iY

sabato 16 novembre 2013

Chissà perché capitano tutte a me.

Come dice una delle frasi che più rispecchiano il mio pensiero, così oggi dico a voce alta: io non approvo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo.
Si tratta di una famosa frase di Voltaire (no, è un falso storico).
Ne parlo perché ieri mi è successa la cosa che più odio. Essere attaccata (in modo sibillino e stupido, come se io fossi cretina da non accorgermene) e con l'assurda pretesa che l'altro interlocutore abbia ragione.
Si suppone, quindi, sul mio blog, che posso scrivere quello che più mi aggrada, visto che pare non sia possibile dire la propria in altre sedi, come se dovessi stare sempre zitta e lasciare che parlino gli altri.
Mio nonno diceva che mi è stato dato un cervello (che pare funzioni) e una bocca per parlare con cognizione di causa e nessuno deve permettersi oppure osare privarmi della libertà di esprimere la mia idea. Questo ovviamente vale per tutti, perché va a finire che poi divento Fenice Oscura.
Su questa (carina) pagina Facebook https://www.facebook.com/LifeIsABooks?ref=ts&fref=ts ci si scambia pareri, commenti e consigli sui libri, e il post specifico è questo:

"La nostra lettrice Fiore Pietracito ha acquistato "Il richiamo del cuculo" e "Dopo la pioggia" di Charles Martin e vorrebbe sapere se qualcuno di voi li ha già letti!
Aiutatela!
Ps: NO SPOILER su Il richiamo del cuculo!".


Orbene, ormai è noto che l'autrice de "Il richiamo del cuculo" è la Rowling, autrice della saga di Harry Potter e de "Il seggio vacante".
Si tratta di un giallo, ma a me non è piaciuto. Come non mi è piaciuta la saga del mago occhialuto e l'altro libro.
Che posso farci? Non posso mica dire che mi è piaciuto un libro se non è vero. Trovo che la Rowling non sia questo granché di scrittrice, a livello di stile e contenuti. Non è un mistero che a me Harry Potter non sia mai piaciuto e non nascondo che per me lei non è la regina del fantasy, no, non lo è. Secondo me ci sono autori più eccellenti di lei, in tutti i sensi.
Sono per caso Sgarbi? No, ma si dà il caso che io sia una ragazza che abbia letto tanti libri e tanti generi; la mia idea non è assolutamente fatta per prevaricare, ma pretendo che io possa dirla in libertà senza essere attaccata. Mi sembra giusto, credo.
E invece, ieri, un tizio, con un commento condito da tanti punti interrogativi ed esclamativi (in stile bimbominkioso) e una faccina (questa -.- che secondo lui intende dire sbigottimento) inizia a dire "ma come fai a dire che la Rowling sia una costante delusione?". E ha continuato con l'assurda pretesa di aver ragione, come se io tacessi. Sì, proprio io.
La risposta è una: semplice, leggendo. Non mi piace e lo dico, non urlo al genio a destra e manca.
Che poi, se non si scopriva che era lei con uno pseudonimo, questo romanzo sarebbe stata la prova di esordio (per me pari a una sciacquatura di piatti) di un autore emergente che avrebbe lasciato il tempo che ha trovato. L'incremento di vendite è aumentato dopo aver scoperto il trucco. I fan possono leggere ciò che vogliono, per carità, ma non devono pretendere che tutti osannino questa scrittrice se agli altri non piace.
Per dire, a me non piace Jane Austen, ma che ci posso fare? Devo dire "sì, è meravigliosa" per il beneplacito del popolo? Ma nemmeno morta.
La gente così è allo stesso livello delle fan sfegatate dei gruppi musicali che farebbero follie per gli artisti. Degli autentici fanatici.
Va bene essere fan e ammirare aritsti vari, lo faccio anche io, ma arrivare all'idolatria proprio no, eh!
Si arriva a essere come le famose directioners ed elementi correlati che sì, sono delle disagiate mentali perché non si può dire "amo i miei idoli", perché non erigi loro un tempio e metti le candele per venerarli, quando poi baci i poster o pensi di far altro coi poster. Lì si esagera, per me si è da ricovero.
A tal proposito, voglio parlare degli idoli, così mi sfogo per bene.
Prendo la definizione del Vocabolario Treccani online.

ìdolo s. m. [dal gr. εἴδωλον (si legge eídōlon) «simulacro» poi «idolo», der. di εδος (si legge êidos) «aspetto, figura»; lat. idōlum]. –

1. a. Ogni oggetto, o immagine di oggetto, che sia adorato e venerato in quanto ritenuto una divinità o simbolo di una divinità: il culto degli i.; adorare gli i.; sacrificare a un i.; abbattimento, distruzione degli idoli.

b. In archeologia, lo stesso che idoletto.

2. estens. Persona o cosa (anche astratta) amata o venerata come un idolo, o comunque posta su un piano superiore all’umano: Facil ti fu ingannare una donzella Di cui tu signore eri, i. e nume (Ariosto); Non far i. un nome Vano, senza soggetto (Petrarca); essere l’i. delle folle, dei proprî seguaci; il denaro è l’i. degli avari; abbattere, distruggere, infrangere un i., dimostrare la vanità, l’inconsistenza di cosa che nell’opinione comune sia divenuta un mito, una realtà indiscussa: il divin Galileo, che primo infranse L’i. antico (Mascheroni), cioè l’autorità di Aristotele e la teoria geocentrica.

3. letter. e ant. In senso etimologico, immagine, rappresentazione in genere di un oggetto agli occhi o alla mente: Pensa, lettor, s’io mi maravigliava, Quando vedea la cosa in sé star queta, E ne l’i. suo si trasmutava (Dante: è il grifone che, pur restando immobile e invariato in sé, assume figura e atteggiamenti diversi negli occhi di Beatrice in cui si specchia). I. fantastico, immagine, fantasma, mito, illusione creati e accarezzati dalla fantasia.

4. Nella forma latina, idòla (neutro plur.), il termine fu usato dal filosofo F. Bacone (1561-1626) per designare le illusioni o i fantasmi (propriamente i pregiudizî) della mente, che falsano l’esperienza e il concetto della natura. ◆ Dim. idolétto, con sign. partic. (v.), idolino.

Le accezioni in cui questi fanatici annoverano gli oggetti del loro "culto" sono la uno, la due e la tre.
La quarta è per me quella che mi ha formata nel mio modo di pensare.
Il filosofo Bacone, nella pars destuens del suo metodo di conoscenza dei fenomeni (che ha delle falle e dei limiti, ma è rivoluzionario a mio dire), parlava degli idòla che nello specifico (li prendo da Wikipedia, purtroppo se mi mettessi a parlarne io sarei più arzigogolata e logorroica) sono:


* Gli Idola Tribus, sono i pregiudizi della "tribù" (inteso come società), radicati nella mente di tutta la specie, li possiede ogni uomo. Il più noto degli "Idola Tribus" è quello della fallibilità dei sensi: l'uomo dà troppa importanza all'esperienza sensibile, ed è convinto che questa non possa ingannarlo. Un altro noto "Idola Tribus" è la tendenza nel vedere un principio d'ordine, ossia di voler vedere un finalismo nella natura, "La natura non ha fini, solo l'uomo ne ha."
* Gli Idola Specus ossia "della caverna" (con un fortissimo richiamo a Platone e al suo "Mito della caverna" ma in tono negativo), qui per Bacone la caverna, è la mente di ciascuno di noi, questi infatti sono pregiudizi che appartengono al nostro inconscio, propri di ciascun individuo, dipendenti dalla sua educazione, dal suo stato sociale, dalle sue abitudini e dal caso. Tutti siamo portati a proiettare negli altri noi stessi, e forzare la realtà in una direzione.
* Gli Idola Fori ossia "della piazza", dovuti al linguaggio e alla sua fallacità, ai suoi equivoci; molte parole non hanno significato, non corrispondono a nulla di reale (quasi tutte quelle usate dai filosofi), altre ne hanno molteplici, corrispondono a molte cose.
* Gli Idola Theatri, pregiudizi che derivano dalle dottrine filosofiche del passato (paragonate a mondi fittizi o a scene teatrali), simbolo della forte critica che Bacone fa alle differenti scuole filosofiche assimilandole a favole o sceneggiate.

Ovviamente, facendo un pancotto dei quattro tipi di idòla, si trova il perfetto esempio di ignorante, bigotto e tarato. L'averci a che fare poi è un'impresa almeno per me.
Detto ciò, ammetto che mi prudono ancora le mani, ma non riesco ancora a credere che predicando tanto la libertà, poi, gli idioti rivelino sempre che si sta regredendo. 

sabato 12 ottobre 2013

Reminiscenze e consapevolezze

Questa notte ho sognato il mio primo giorno di università.
Lo ricordo proprio come se fosse ieri, è il caso di dirlo.
Arrivai tardi perché nessuno mi aveva detto dove fosse l'aula (nemmeno il bidello che ora vorrebbe sbaciucchiarmi ogni volta che mi vede, ma sa che se si azzarda muore), ma alla fine trovai la porta giusta.
Sì, non era scritto da nessuna parte: "Medicina I anno", questo sarebbe stato un miracolo.
Dopo essermi scusata per il ritardo, il docente di storia della medicina mi fa accomodare (non avevano ancora iniziato) e chiede ad ognuno di noi il perché volessimo intraprendere questa strada che ci porterà (così si dice) a fare il medico.
Non potrò mai dimenticare le parole del ragazzo prima di me: "fare il medico comporta un buon salario, prestigio e riconoscimento sociale". Disse proprio così e la mia faccia si tramutò in una maschera di schifo perenne, in quanto non so camuffare le emozioni e non me ne vergogno.
Quando poi il docente lo chiese a me, fu spontaneo per la sottoscritta parlare in modo caustico e velenoso, perché non mi sono mai trattenuta nel dire qualcosa, passando per un'acidona mestruata che non dà la pratica di anatomia da tempi immemori.
Dissi semplicemente così: "non ho degli ideali alti come chi ha parlato prima di me, ma avevo giurato a me stessa che non avrei mai più perso le persone che amo per via di una malattia". Ricordo bene il sorriso che mi rivolse il docente, per poi rispondere a quel ragazzo dicendogli che se è per questo che vuole fare il medico, allora continua a credere in questi falsi valori.
Me ne sono ricordata per il semplice motivo che, col passare del tempo, ho maturato dei motivi particolari per i quali voglio fare medicina legale (anche se ora sto valutando anche malattie infettive e ginecologia). E non è quello in cui dico scherzando: "è perché voglio scrivere legal thriller", questa è un'altra faccenda.
Sì, è vero, si ha a che fare spesso con i morti, ma un medico legale è anche un medico delle assicurazioni. Quanti falsi invalidi ci sono in Italia? Checco Zalone in "Cado dalle nubi" dice che ha un cugino (o zio) che con la pensione d'invalidità ne approfittava per girare il mondo, ma non era invalido.
In un film che si dice comico, io ci vedo degli spunti di riflessione (ecco perché dico io che è umoristico) per i quali provo ribrezzo per una società che non cambia mai, anzi, peggiora.
Mi piacerebbe molto essere severa e attenta nei controlli che un giorno (si spera) farò alle persone che chiederanno l'invalidità. Perché ci sono persone che meritano (oddio, non è colpa loro se hanno subito lesioni permanenti o cali di salute progressivi che li portano all'invalidità) un risarcimento per il loro benessere bio-psico-sociale non più ottimale, mentre poi, che so, Striscia la Notizia, fa vedere un sacco di casi di falsi invalidi.
Lo farei già per questo.
Ma non è solo questo il motivo, mi sono resa conto anche di altre cose che non coincidono col mio carattere bellicoso e fiero, mentre un medico deve essere umile e composto.
Per carità, non sono una superba a livelli eccezionali, ma sono rancorosa e vendicativa.
Il Giuramento d'Ippocrate afferma che non bisogna fare distinzioni di sesso, etnia, vita del paziente e che bisogna curare tutti indistintamente, ma se io mi trovassi davanti una persona che mi ha fatto del male (e parecchio male, e qui potrei fare nomi e cognomi), io sarei capace di muovermi a compassione e di aiutare questa gente?
Il mio animo segna a caratteri cubitali il no.
Brutto da dire, ma è così. Probabilmente sono una pessima persona, ma fin quando non violo le leggi morali dentro di me, non temo i giudizi degli altri. Io temo solo me stessa. E la Fenice Oscura che ho.
Coi morti non ci si pone il problema.
Questi non parlano, non mentono sui sintomi che hanno (non bisogna dare sempre la colpa al medico se la diagnosi è sbagliata, spesso i pazienti mentono o tacciono volutamente cose che sono importanti, ma per paura di scoprire che hanno chissà quale malattia "occultano tutto". E non è una gran bella cosa) e per me, che sono una persona che non sa rapportarsi facilmente con la gente perché sono scorbutica con chi a priori e a posteriori non mi ispira fiducia, anche se nel novantotto per cento dei casi ho ragione.
Con essi, poi, occorre maggior rispetto nel caso si chieda un'autopsia, un uomo non è un pezzo di carne, ma qualcuno a cui forse è stata negata la giustizia.
Mi ricordo che vidi la mia prima autopsia ed era di una ragazza violentata, uccisa e violentata post-mortem. Maroriata non una volta, due. Ora, ditemi voi, se avessi l'occasione di aiutare la legge per incastrare questo bastardo non lo farei? Se potessi lo ucciderei con le mie mani, figuratevi!
Non faccio di tutta l'erba un fascio, però quanti casi irrisolti (i famosi cold cases) ci sono? Tanti. E quante sono le persone che vorrebbero riabbracciare chi hanno perso e si "accontenterebbero" di vedere che giustizia è fatta? Tante.
E io? Io... vorrei aiutarle. Penso di aver trovato il mio cammino personale di essere un medico senza però rinunciare al mio carattere e al mio modo di fare.
Non sono una di quelle persone che si annullerebbero per gli altri, o meglio, ho imparato a non esserlo più.
Ora però, occorre che io mi dia da fare affinché l'anno prossimo possa trasferirmi in un'università migliore. Sento di meritarmelo, in fin dei conti.

domenica 6 ottobre 2013

Recensione: Lady Susan. Parte due.

Ed eccomi qui, con gli Alter Bridge nelle orecchie, pronta per una recensione che spero sia quantomeno obiettiva all'inizio, perché si sa, quando poi occorre parlare del gradimento personale, è logico che l'imparzialità sfumi e vada via.
Ribadisco, per chi non lo sapesse e per chi non mi conosce, che non sono una fan della Austen, non l'adoro per nulla. I miei generi e autori preferiti sono altri, e spero un giorno di parlare dei quindici romanzi che amo.
L'ho letto per la prima volta in italiano quest'estate, grazie all'iniziativa promossa dalla Newton dei famosi libri a novantanove centesimi e, sebbene si possano fare critiche a livello di traduzione – eh, cosa vi aspettate da una che a momenti parla meglio l'inglese dell'italiano? – o anche per la copertina, la carta e qualsiasi altra cosa, il prezzo relativamente basso permette di dire di aver trovato un romanzo “classico” regalato. Lo avevo letto al liceo in inglese, ma dato che lo studio mi sta prendendo molto tempo ed energie, non avevo proprio le forze per leggere tutto due volte, in inglese e in italiano, per fare confronti, cosa che adoro fare.

Si tratta di un romanzo epistolare narrato in quarantuno lettere (non è la prima volta che leggo questo sottogenere, anzi, uno dei miei romanzi preferiti – I dolori del giovane Werther – lo è, come anche Le ultime lettere di Jacopo Ortis, Le relazioni pericolose, Julie o la nuova Eloisa, Iperione, Va' dove ti porta il cuore) e la protagonista è colei che dà nome al romanzo stesso, una donna senza scrupoli, arguta e spregiudicata, che non esita a sfruttare tutti i mezzi a sua disposizione per far sì che i suoi obiettivi siano raggiunti. Occorre aggiungere il “pregio” da lei posseduto, ovvero la capacità di manipolare la gente – inclusa sua figlia, che odia e che viene a mio dire trattata da sua madre come una merce di scambio per chissà quale compravendita – ed è degno di nota, così come anche la sua attitudine a saper distorcere la realtà con i suoi modi di fare, senz'altro attraenti, dato che riescono a imbambolare parecchia gente, specie gli uomini.
Ella si confida con la sua amica Alicia in una serie di carteggi molto diretti, all'interno dei quali si leggono molto chiaramente i suoi disegni, i suoi raggiri, le manipolazioni, raccontati in modo diretto, attestanti la sua natura fredda, cinica e calcolatrice.
In questo mondo borghese e da salotto, ecco che Lady Susan tesse e ordisce le sue trame, ma non dico di più, perché non so se lo avete letto o meno.

Susan è stata paragonata per antipatia a Rossella O'Hara oppure a Dolores Umbridge (per chi ama la saga potteriana, e non figuro nemmeno in questa categoria di persone, pur rispettandole), ma non sono d'accordo, perché la prima anche se agisce in un modo di fare che non condivido, lo fa per amore, lasciando che il suo impeto e il suo sentimento possa sempre emergere, mentre la seconda è sì antipatica, ma non suggerisce la stessa antipatia di Lady Susan, perché a quanto ricordo, la Umbridge non è così manipolatrice come la donna creata dalla Austen. Se proprio si vuol fare un azzardo potteriano, io direi al massimo Rita Skeeter, colei che distorce tutte le informazioni per raggiungere i suoi scopi editoriali e non solo.
Mi sembra già un paragone più giusto, ma è solo il mio parere da petulante lettrice.
La donna che vedo più simile a Susan, però, è una ragazza, tratteggiata da Philip Roth – sì, è uno dei miei romanzieri preferiti – in Ho sposato un comunista, Sylphid Frame, figliastra del protagonista, Iron Rinn.
Questa ragazza pare Susan da giovane, con la differenza che con i suoi modi di fare è lei che plagia e plasma sua madre, Eve, trattandola malissimo, cercando di avere le sue attenzioni, al punto da istigare la madre a rovinare Iron, colui che l'aveva amata per davvero e che Sylphid vedeva come una minaccia.
Il modo di agire di Sylphid, fatto da moine, gesti da melodramma, capaci di muovere e commuovere la gente – tranne Iron, che vedeva come trattava la madre –, in primis Eve di modo che si facesse solo ciò che voleva lei, mi ha disarmata, con la differenza che Roth, da cinico (e dalle attitudini pessimiste che in parte condivido) non danno un epilogo diciamo lieto rispetto a quello che la Austen dà al suo primo romanzo, definito spesso sperimentale.

Quando leggo un romanzo, spesso mi dico e mi chiedo "c'è qualcuno che conosco che ha il nome del/la protagonista?", perché nel caso, prima di avventurarmi nel mondo fatto di parole, devo prima spogliarmi dei giudizi e dei preconcetti che potrei avere su quella persona che non mi permetterebbe di essere imparziale e di lasciarmi coinvolgere appieno dalla storia.
Non conoscendo nessuna Susanna, Susan o altro, non ho avuto questo pregiudizio, ma leggendo e scoprendo la Susan della Austen, sono riuscita a contestualizzare il fatto che donne così esistono anche nel nostro quotidiano e io ne conosco quattro, che hanno fattezze caratteriali simili a Lady Susan.
Come dicevo già, una è mia nonna paterna (con la quale non ho un rapporto affettivo e posso dire che da piccola ho provato a cercare di farmi voler bene, cosa che poi, da grande, ho capito che non devo più fare con nessuno) e le altre sono... diciamo solo due ex compagne di scuola e quella strega che ha mutato colui che pensavo fosse il mio Marc Darcy in un Daniel Cleaver. Razza crudele.
Do dunque il merito alla Austen di aver tratteggiato una donna che è possibile riscontrare e trovare anche attualmente, se non peggiorata, data la società attuale e da qui ho pensato: ma è mai possibile che l'umanità sia sempre rimasta la stessa anche negli atteggiamenti?
Da un romanzo per me "leggero", trovo anche modo di riflettere e questa cosa mi garba punto.

Questo romanzo lascia presagire ciò che la scrittrice inglese darà ai suoi romanzi, ovvero l'arguzia tipica dei suoi personaggi femminili e quant'altro, però perché a me non piace?
Sarà per l'ambientazione e il contesto storico che mi pare limitato (okay, è quello in cui l'autrice vive e agisce e sono la prima a dire che si può scrivere di ciò che si sa), ma non so, le città di provincia, le chiacchiere da donne le cui uniche ambizioni paiono essere "cercare un marito e avere una sfilza di bambini" (non tutte ovviamente, è un discorso generale quello che sto facendo), non mi permettono forse di apprezzare quest'autrice, le cui parole e le cui eroine non mi suggeriscono assolutamente nulla.
Che dire? Nemmeno lo stile è uno dei miei preferiti. E questa è una cosa per me assoluta e assolutamente opinabile per chi non la pensa come me. Per dire, preferisco di gran lunga Cime Tempestose, se devo citare un romanzo dell'epoca, ma non è che vada pazza di esso.
Si tratta semplicemente del mio carattere e del mio modo di fare, ma consiglio comunque la lettura di questo libro perché è pur sempre lo specchio di una parte limitata del contesto storico e sociale del tempo e dà quindi un riflesso del mondo femminile vissuto dalla donna ancor prima di essere scrittrice.

sabato 5 ottobre 2013

Recensione: Lady Susan, parte uno. Premessa.

Per me è abbastanza strano scrivere una recensione su un'opera di un'autrice che non ho mai sopportato, anzi.
Lo dico però, con cognizione di causa, perché ho letto tutti i suoi testi, anche in lingua, e quindi ho potuto conoscere bene lo stile della Austen, l'ambientazione dei suoi scritti, i suoi personaggi e così via.
Il suo primo libro che lessi – avevo quindici anni – fu “Ragione e Sentimento”, seguito da “Orgoglio e Pregiudizio”. Li lessi prima che li studiai in letteratura inglese, anche se nel mio caso, non ho imparato granché a scuola, ma studiavo a casa da sola, per cultura personale.
Non mi piacquero per nulla e quindi sarebbe logico (forse) chiedersi perché io abbia continuato a leggere Jane Austen.
La risposta è semplice. Il mentore di tutta una vita – nonché la persona da me più amata – mio nonno, mi ha sempre insegnato che non posso giudicare una cosa se non la conosco. E non devo fermarmi al primo ostacolo che incontro, sia essa una difficoltà riguardante a cose e persone, perché così sarei rimasta ancorata a quelli che Kant chiamava giudizi sintetici a priori, in quanto, sebbene mi fossi addentrata nell'argomento, non ho approfondito il tutto.
Iniziando con la dovuta premessa de gustibus non disputandum est (giusto per citare Cicerone, che mi sa ha fatto la sua fortuna postuma solo con questa frase molto usata), voglio solo citare in un elenco quali sono le donne di libri e romanzi che adoro, e che corrispondono molto, molto bene all'ideale di donna forte, determinata, volitiva e in gamba che piace a me.
Per chi mi conosce bene, mi si potrebbe dire una frase del tipo "queste ragazze hanno dei tratti del carattere in comune con te" e io dirò semplicemente: sì, è così.
Non sono un'egocentrica montata di testa, ma semplicemente una ragazza che sa che, nel caso ne incontrasse una, si innamorerebbe di una esattamente uguale o simile a se stessa, in virtù del fatto che ci sarebbe comunque confronto e arricchimento morale e non solo.
Bigotti e moralisti si astengano dal fare commenti poco carini, perché poi non rispondo delle mie parole, eh.
E dunque, ecco le mie donne letterarie preferite:



Queste sono rispettivamente Ellen, Aliena e Caris, create da Ken Follett e che figurano in "I pilastri della terra" (le prime due) e "Mondo senza fine" (Caris).
Aggiungo poi lei, Lisbeth Salander, co-protagonista della trilogia Millennium di Stieg Larsson:




Passo subito a dirvi perché adoro queste donne, non senza far riferimento al contesto storico in cui esse vivono e agiscono.
Dire che amo Ken Follett è poco, sebbene il suo primo romanzo che lessi, "La cruna dell'ago", mi fece non poco ribrezzo, ma lo rivalutai subito, però queste donne che vivono nel medioevo (Caris duecento anni dopo Ellen e Aliena), nella cittadina fittizia di Kingsbridge, sanno il fatto loro e mi piacciono molto.

Ellen è una donna forte, determinata, che ha allevato da sola il suo unico figlio, Jack, dandogli un'educazione non indifferente per quell'epoca. Parla più lingue, sa fare lavori maschili, ed è una donna indipendente che ha il suo credo personale e non ama i dogmi della Chiesa che vede come un ostacolo per la pienezza della vita dell'uomo, e per questo viene tacciata anche di stregoneria oltre che di eresia.
Si è innamorata di due soli uomini, il padre di Jack e di Tom il costruttore e con quest'ultimo non è che per amore si sia sottomessa a lui. Ha chiesto e preteso un rapporto paritario e non di sudditanza (come fa anche Caris) con lui, anche a livello fisico e sessuale, proprio perché lei è uno spirito libero e come tale vuole vivere, anche se ha un grande cuore per chi ama e non esita a diventare aggressiva come un lupo per difendere i suoi cari.
Quanto mi somiglia da uno a dieci: punteggio pieno.

Aliena è una donna che per via delle sue vicissitudini da contessina viziata impara a rinascere dalle sue ceneri, più volte; ha visto la miseria, ha subito violenza, ma non per questo si è piegata al destino triste che le stava capitando, al contrario, si è rialzata e alla fine Jack, il figlio di Ellen, è riuscito a far breccia nel suo cuore talmente indurito che pensava che non si sarebbe mai innamorata e non sarebbe mai stata felice.
Quanto mi somiglia da uno a dieci: otto e mezzo, ma non dico il perché in caso non abbiate letto il libro, non amo fare spoiler.

Caris odia il fatto che le donne non possono studiare Medicina (e già da qui ha la mia simpatia), è piena di inventiva e ha la capacità di saper osservare bene le persone, inquadrandole, ma non per questo ha i paraocchi. Anche se inglese, in lei vive proprio quella libertà culturale e la fierezza del Rinascimento italiano.
Come Ellen, pur amando, non desidera essere una schiava dell'uomo che ama, e, per i suoi principi morali si scontra spesso e volentieri con il suo Merthin.
Diventa suora per necessità e da lì vede che può fare qualcosa per la sua città, diventando, anche senza titolo, un medico a tutti gli effetti.
Quanto mi somiglia da uno a dieci: idem Aliena, ma non spoilero nulla anche qui.

Passando al compianto Stieg Larsson, ha creato un personaggio a mio dire degno di nota, fuori dagli schemi, e per questo assolutamente affascinante.

Lisbeth è un'hacker professionista, è bisessuale e ha avuto un'infanzia difficilissima, ma non per questo si è demoralizzata, e anche se ha perso la capacità di agire, non vuol dire che ella non sappia cosa dire e cosa fare. Ha un particolare intuito al punto da rasentare la genialità (si pensa nei romanzi che abbia la sindrome di Asperger, ma lo scrittore non è vissuto abbastanza per scrivere tutti i libri che pensava di creare per la saga) e ama la matematica. Prova sentimenti contrastanti verso se stessa e verso chi ama, ma è un'accesa sostenitrice dei diritti delle donne e a modo suo è una paladina di tutte le donne maltrattate e altro ancora.
Quanto mi somiglia da uno a dieci: otto, questo perché, fortunatamente, non ho vissuto ciò che ha patito lei.

Questo è un quadro generale delle mie "eroine", spero di essere all'altezza domattina di parlare di Lady Susan con lo stesso entusiasmo di come ho parlato di loro!

martedì 16 luglio 2013

E fu così che...

Mi fecero "un'offerta che non puoi rifiutare".
No, non ho conosciuto Michael Corleone de "Il padrino II", ma una proposta mi è stata fatta.
Scrivere come articolista per il giornale del SISM.
Per chi non lo sapesse, il Segretariato Italiano degli Studenti in Medicina è un'organizzazione no-profit per e con gli studenti, non è un'associazione studentesca dedita alle feste e al cazzeggio sfrenato, ma è un mezzo che permette non solo di unire gli studenti di Medicina di tutt'Italia, ma soprattutto, grazie a degli incontri, di fare corsi pratici a carattere medico; un qualcosa che al tirocinio non solo non ci fanno fare, ma che ci negano con tutto che ne abbiamo il diritto.
Per chi si volesse informare, il link è questo: http://www.sism.org/
Un po' di pubblicità non guasta, specie se è per una cosa giusta, che in Puglia non è molto rappresentato.
Due amiche che andarono a maggio a Palermo per il raduno internazionale, si stupirono di quanti membri il SISM conti nelle altre sedi. A Foggia, siamo... otto. E ho detto tutto.
Ora c'è da dire che due amiche nonché membri assieme a me della nostra sede Sismica, siccome sanno che scrivo (e mi reputano pure brava), mi hanno proposto di diventare una scrivana del giornale nazionale, che conta di una rivista cartacea e di quella digitale.
Non mi aspettavo nulla del genere, specie perché al liceo, la mia carriera di "giornalista" per la scuola è durata pochissimo, a causa del mio stile di scrittura e perché i docenti lodavano i miei articoli anziché quelli delle serpi con cui avevo a che fare, al punto che mi cacciarono via, che novità. Ho perso la mano con lo stile periodico e dovrei rimettermi a leggere il libro di teoria di scrittura e dei generi letterari.
In questo momento arido e triste della mia vita, quest'invito è una ventata di ossigeno puro.
Avrei qualcosa su cui concentrare me stessa (a parte studiare) e non pensare a tutte le cose brutte che mi stanno capitando.
Avrei modo di usare la penna per qualcosa di costruttivo, magari anche per denunciare l'orrore della malasanità dilagante, dell'essere studenti di medicina e cosa esso comporti, e tante altre cose.
Mi resta da informarmi meglio, parlare con articolisti già nel giornale Sismico e sperare in bene.
Non nego che leggere il mio nome su un articolo mi renderebbe orgogliosa e fiera di me stessa, sarebbe proprio un modo per conciliare le mie due grandi passioni.
Medicina e Scrittura, citate così solo in ordine alfabetico.
E magari potrebbe essere l'inizio di un nuovo viaggio di parole.
Sarà dura, dal cammino incerto, ma voglio farcela.
Voglio davvero tanto e, cascasse il mondo, avrò ciò che reclamo come mio.

venerdì 10 maggio 2013

E i bimbiminkia che si atteggiano a scrittori, navigati, datati e soprattutto degni di tale dicitura.




E dunque, altre lamentele, da parte mia. Su Facebook, ho letto un post su uno Spotted (in versione flame1) dedicato agli autori, i fanwriter2, che militano su EFP e su Live Journal, di cui ora cito tutto l'estratto. Le note che ho contrassegnato in apice non sono dovute al fatto che considero la gente ignorante nell'accezione di “chi non capisce nulla”, ma solo nell'evenienza in cui si “ignori davvero” la terminologia – credo che sia chiaro, ma è bene rimarcare –. Ed ecco la citazione.

"SON COSE
Sarò immatura e infantile, ma quando mi capita di aprire il profilo facebook di un'autrice che, magari in veste del fatto che nel fandom3 è più conosciuta di me, non è stata proprio elegante nei miei confronti, e vedo che è un cesso a pedali, con tanto di baffi, capelli alla Hagrid in un giorno di pioggia e fisico da Extreme Makeover: Diet Edition, godo come un riccio.
Continua a scrivere lemon4 nell'antro oscuro della tua camera, che poi magari ti racconto come ci si sente a viverle."

Bene, chi dice una cosa del genere, è innanzitutto invidiosa, ma poi cafona, maleducata e incivile.
Il mio primo pensiero fu: “ma andasse ad Arcore questa anziché rompere le palle alla gente” – non erano così proprio le mie parole, ma erano più edulcorate – e poi, riflettendo ancora mi sono resa conto della tristezza che la gente mi fa.
Si invidia tutto, tutto!
Una bimbaminkia come questa anon5 che ama più il suo aspetto, ma che ambisce ad avere il talento di una “cessa” che – a suo dire – pensa che immagina solo scene di sesso in quanto non le abbia mai vissute sulla pelle, beh... che amarezza.
Credo che un parolone come “relativismo” a gente del genere sia ignota, perché la bellezza è soggettiva, e poi, nell'evenienza in cui si incontri gente per nulla superficiale – in cui chi cito non figura – anche le ragazze – per loro – “brutte che non sc*pano” hanno una vita affettiva, sessuale e quant'altro, leggasi anche sociale.
Parla una ragazza che alcuni giorni si sente bellissima e altri giorni no, ma non mi sento nemmeno minimamente inferiore alle autentiche “bellezze” – vere, supposte (quelle per via rettale stavolta non figurano, purtroppo) o presunte – no, sono una ragazza come tante, con dei difettucci fisici, ma, che... Ta-daan! Ho un ragazzo che mi vuole per come sono e... udite, udite!
Anche fisicamente, perché gli piaccio come sono.
E beh, se si dice che “le brutte attirano in altri modi”, mi spiace dire che non sono per nulla una ragazza “facile”, anzi, sono molto selettiva nei miei rapporti personali, in tutti i sensi.
È un luogo comune da sfatare, care galline che sapete attaccare offendendo.
Sapete perché si offende? Perché non si può vincere una “battaglia” in altri modi, ma si cerca di colpire nel profondo, ferendo e questo è da merde, non da persone.
Sono sempre del parere che, se avessi un Death Note, saprei cosa fare.
È gente come voi che ci sta facendo regredire, sappiatelo.
Se vi siete sentiti offesi o lesi, però, abbiate almeno il coraggio di parlarmi, ma non in anonimato, in quanto come si hanno le palle per attaccare, allora occorre che le si mostrino anche rimettendoci la faccia.



1 flame: termine dello slang inglese che significa “fiamma”, inteso nel linguaggio e nella comuncazione via Web come post atti a dover “infiammare” gli animi di chi legge, facendo scattare diatribe e conflitti verbali, più o meno pesanti.
2 fanwriter: persone (non necessariamente ragazzi, di entrambi i sessi) che scrivono storie inerenti a personaggi di fantasia dei loro manga, anime, libri, videogiochi, film preferiti e quant'altro. Le storie che si scrivono sono dette fanfiction.
3 fandom: sottoclassificazione della fanfiction, ovvero collocazione della stessa nell'ambito/sezione di cui tratta (Naruto, Dr. House, Novecento...).
4 lemon: termine del fanwriting che indica nella fiction la presenza di scene di sesso ben descritte.
5 anon: abbreviazione del termine "anonimo".

mercoledì 8 maggio 2013

Ve ce manno tutti!


Per la serie: "vi mando tutti a quel paese".
Ieri, a lezione, siccome trovavo abbastanza noioso il tutto, ho completato una storia che stavo scrivendo, mettendomi anche bellamente a fare altro, come vedere gli ordini dei libri che dovrei ricevere ecc ecc.
Era, detto francamente, una giornata abbastanza tranquilla, e dal punto di vista della mia passione molto prolifico, se non che il mio poco autocontrollo è stato irrimediabilmente alterato.
Da cosa? Da quella che si chiama maleducazione. Non posso definirla in altri modi.
La mia classe, quella del III anno di medicina, nel pomeriggio, viene usata dai ragazzi delle professioni sanitarie che, di mattina, hanno tirocinio e poi lezione, dopo che finiamo noi.
Ora, la cosa è semplice: se i miei colleghi e io siamo ancora in classe, mi spiegate perché dovete colpire con forza la porta come se volete usare un ariete su un bastione, se la nostra docente ancora non ultima di spiegare?
Ella, poi, spazientita dal vostro comportamento si sia girata veramente di coglioni e abbia smesso di punto in bianco di spiegare e voi siete entrati come una mandria di bufali, o di bisonti in carica, senza che noi fossimo usciti dall'aula. Mi ero arrabbiata per quella poverina che non ha finito di spiegare l'argomento, giuro e dal pessimo comportamento di voi, poveri inetti incivili, sappiate quanto vi tenga in stima.
Avete creato intralcio, non riuscivamo a uscire per lasciarvi il "campo libero" (che reclamate come se fosse una vostra proprietà) e poi... l'apoteosi di tutto.
Una ragazza, non appena tolgo la borsa (perché l'ho fatto apposta a riporre tutto con calma) mi dice, in dialetto grezzo e rozzo: "finalmente, e che cazzo!".
Da qui, infuriata come non so cosa, scattai in un poco fine: "in bocca a tua madre".
Quando mi ci metto sono una scaricatrice di porto allucinante e, se non fosse stato per la mia amica, che ha fermato la mia azione sul nascere, l'avrei picchiata a quella tavola da surf coi capelli ossigenati!
Non riesco a credere che tra i giovani alberghi il più alto grado di inciviltà e poi, poi... questi tizi qui (di infermierisitica) sono i primi a mettere le mani su quei poveri sventurati di pazienti che avranno la sfortuna di incontrare proprio loro.
Non dimenticherò mai quella povera vecchina che chiese a me di farle l'iniezione perché aveva il sedere nero e tumefatto per colpa di una studentessa di infermieristica che aveva il tempo per farsi la ricostruzione (le unghie vanno tenute corte e senza smalto, signori miei!), ma non di capire come far star meglio una poverina.
Odio i luoghi comuni, ma se i discorsi più intelligenti che fate sono: "ieri mi sono ubriacato di brutto", "tanto ho copiato all'esame", "guarda che tette ha quella", oppure "ho comprato una borsa e preferirei essere stuprata che non che me la rubino", allora è vero che quelli che studiano per le professioni sanitarie, a Foggia, sono una massa di teste di cazzo!
Ora non dico che nel mio corso di studi non ce ne siano, ma qualcuno ancora si salva.
Tra voi, manco uno.




Credit immagine: Livin la vida Loki



martedì 23 aprile 2013

Giusto per...

Giusto per scrivere qualcosa, in questo momento della mia vita abbastanza frenetico, vi linko il mio profilo Ask, se vi va di chiedermi qualcosa.
So bene che c'è il layout che permette di formulare domande direttamente dal blog, ma non ho capito come inserirlo! Non ne sono capace e, a tal proposito, se un'anima pia mi dà una dritta, lo ringrazio seduta stante.
Ed ecco qui, just for fun!

http://ask.fm/LaylaMorriganAspasia

lunedì 8 aprile 2013

Spesso il male di vivere...

... Ho incontrato...

La poesia di Montale prosegue, naturalmente, ma c'è da dire che, Lei, sempre Lei, mi permette di sfogarmi, meglio di quanto io sappia, possa e voglia fare a voce alta.
Tra le lacrime, cosa che non mi capitava da tanto, tanto tempo, sto scrivendo una piccola cosina che tratta del suicidio, della morte e un po' di me, come se i miei recessi splenici volessero emergere, pretendendo di essere ascoltati, ancor prima di essere compresi.
Perché, detto francamente, sono alcuni mesi che "non ce la faccio più", letteralmente.
Probabilmente ho ripreso bellamente una meravigliosa storia di cui ho avuto il privilegio di leggere con largo anticipo prima della sua pubblicazione, fatto sta che in me è in atto una catarsi, forse atavica.
Voglio solo scrivere, lasciatemi il mio placebo, non chiedo altro.
Oh, sì, lasciatemi libera di amare.

lunedì 25 febbraio 2013

Indignazione.

E poi io non devo uscire dai gangheri quando leggo certe cose... anzi, no, incazzarmi come una bestia.
Per una volta che ho preso coraggio nella mia vita, di mettermi in gioco, mandando degli haiku per un concorso, leggo un commento al bando del concorso, scritto da una tizia, cioè questo:

Ciao,
scrivo haiku da 2 anni ma ho già ottenuto ottimi successi a livello nazionale e internazionale, quindi vorrei partecipare alla vostra bella iniziativa.


Orbene.

Se questa tipa ha già ottenuto ottimi successi (lo ha scritto lei) a livello nazionale e internazionale, allora, dico io, perché cazzo ancora cerca di ottenere successi anche per un concorso che non è ora tanto "nazionale o internazionale" mentre ci sono autori che si sbattono per trovare uno straccio di posto per emergere?
Cosa la spinge? Ha fame di fama?
Non ne ho idea.
Sembra ai miei occhi un leit-motif che inneggia al "più ho, più desidero".
Mi ricorda molto quegli studenti di Medicina che, entrati lo stesso anno mio, già con una laurea alle spalle e un lavoro sicuro.
"Ma io volevo fare Medicina" e intanto però avete tolto il posto a poveri maturandi appena usciti dal liceo che, per colpa vostra non sono entrati, non avendo le conoscenze scientifiche che un laureato nel settore (biologia, farmacia, biotecnologie ecc...) può avere pregresse.
Certe cose mi fanno venire una gran voglia di... farli neri, va', usiamo un eufemismo.
Fatto sta che io non ci sto, a modo mio darò voce ai miei sogni, alle mie aspirazioni e soprattutto al mio voler far vivere Lei come io desidero.

mercoledì 20 febbraio 2013

A piece of peace.

Questo piccolo post è solo per compiacere il mio bizzarro fangirleggiamento del momento.
Sin da questa mattina, mi sono resa conto di provare un'affinità per Akihiro/Daken, e non perché sia il figlio del personaggio che amo o perché sia bisessuale (ci possiamo stringere la mano, credo, sempre che non voglia uccidermi), ma perché è cinico.
E perché ha imparato ad amare, a modo suo, direi. Non è un amore convenzionale, il suo.
Mi piace molto vederlo accanto a Donna Kiel, l'agente di Los Angeles, che egli vede simile a lui perché sono pazzi, deviati, folli...
Per come si sono evolute le cose, in modo molto tragico direi, mi spiace non poco per loro due.
Sorge così la mia voglia di scrivere di loro.
E di far emergere il mio romanticismo che sta tornando a galla dopo venti anni di dura repressione non per mia scelta.
Stasera, fin quando non crollo, vedo di scrivere ciò che ho abbozzato oggi, e sono sicura che sfocierò nel passionale e nel viscerale.
Sì, mi piace, sì, mi piace descrivere emozioni forti e viverle... per poi narrarle.
Sono fatta così.
Sarò accompagnata dagli Alter Bridge, specie da Broken Wings, perfetta per Donna e Akihiro.
Ebbene, sarò in pace, tambureggiando sui tasti del computer...





giovedì 14 febbraio 2013

La ragazza dello Sputnik.

Tra la notte del dodici e il conseguente inizio del tredici febbraio, ho terminato di divorare l'omonimo romanzo di Murakami da cui questo post prende il titolo (sì, alle volte la mia fantasia nei titoli è un limite tendente allo zero).
Era da tanto che non mi capitava di non leggere un libro intero nel giro di poche ore, ma devo ammettere che il romanzo è di per sé breve (236 pagine per rapporto ai grandi romanzi che leggevo prima che – ahimè – iniziassi l'università, che non mi dà molta possibilità di leggere testi “impegnati”, sì, sono ben lontani i tempi di Guerra e Pace o di Io Uccido, quest'ultimo letto in tre ore di fila).
La cosa che mi rende molto più felice è la catarsi che ho provato alla fine della lettura e quella sensazione di riempimento nel mio cuore, quella che sento ogni volta che imparo qualcosa di nuovo, è molto forte stavolta, lo riconosco. Ovviamente non farò spoiler del finale del romanzo, ma darò solo la mia visione delle cose.
Avendo letto la trama sia sul retro della copertina, sia le prime pagine in libreria, avevo capito che, in un modo o nell'altro, mi sarei immedesimata in Sumire, colei che considero la protagonista principale a tutti gli effetti.
I perché sono particolari, ma questa sera mi sento serena, al di là di tutte le preoccupazioni che ho nell'animo, perciò, utilizzando la mia ragione di vita, la scrittura, mi sfogherò, come in un diario.
Sumire si innamora di una donna. Di diciassette anni più grande di lei.
Non c'è nulla di male, anche io mi sono infatuata due volte di due ragazze e non appena ne vedo una molto carina o bella lo dico senza riserve, e sì, non sono attratta solo dal persone del sesso opposto al mio.
Se avete problemi, il mitico Albertone vi dice che il sindaco di Quel Paese è amico suo: andateci, di corsa.
Ma lei si innamora in un modo totalizzante, che le investe lo spirito e il cuore, come mai nessuno aveva fatto prima.
Murakami lo dice bene:

Fu un amore travolgente come un tornado che avanza inarrestabile su una grande pianura. Spazzò via ogni cosa, trascinando in un vortice, lacerando e facendo a pezzi tutto ciò che trovò sulla sua strada, e dietro non si lasciò nulla”.

E questo, beh... Logan è il migliore in quello che fa, e ciò che Myu ha fatto con Sumire, lui lo ha fatto con me.
Sumire è una scrittrice, o meglio, vuole diventarlo, a tutti i costi.
Citando l'autore, egli della passione della ragazza scrive così:

In quel periodo Sumire stava lottando con tutte le sue forze per diventare una scrittrice di professione. Anche se sapeva bene che in questo mondo ci sono infinite possibilità, per lei non vi era altra strada praticabile se non quella per diventare scrittrice, una scrittrice di romanzi. Questa determinazione era più dura delle rocce mesozoiche, e non la-sciava spazio a compromessi. La sua fede era così assoluta che tra lei e la letteratura non passava nemmeno un capello”.

La sua passione è così forte che niente e nessuno le impedisce di fare ciò che desidera davvero, scrivendo sempre, in ogni circostanza.
Anche se sembro invincibile in quanto a determinazione, alle volte cado in preda allo sconforto, ma questo romanzo mi ha insegnato a stringere di più i denti, interpretandolo a modo mio.
Un'altra cosa che mi ha colpito molto è il "blocco" per la scrittura che poi Sumire vive, mentre passa sempre più tempo con la donna che desidera.
Bizzarro, no?
No, non direi.
Sumire avverte in cuor suo di non essere ancora pronta per fare il salto di qualità e diventare una professionista, che le manchi ancora l'esperienza e il narratore, che la ama pur essendogli amico, gli dice, usando la similitudine della struttura narrativa di un romanzo con un albero di trasmissione di un'auto, che:


"Il problema più grosso è che tu non sai ancora di che racconto si tratta. Non conosci la trama, e lo stile è ancora tutto da definire. Conosci solo il nome della protagonista. E tuttavia, ciò ti sta cambiando realmente. Con un po' più di tempo, credo che questo nuovo congegno narrativo comincerà a ingranare in modo da proteggerti, e che tu riuscirai a vedere un mondo nuovo. Ma ancora non sei pronta. E naturalmente, sei esposta al pericolo".

Ecco, è come se avesse paura di un qualcosa a lei ignoto. Una paura viscerale, che la blocca, e da lì ho iniziato a pensare.
E se capitasse anche a me, di nuovo?
Dico "di nuovo" perché mi era capitato nella seconda metà dello scorso anno, perché facevo roleplay con un'amica che impersonava il mio eroe.
E, giusto per provare (cito lei pari pari), ha inserito nel roleplay un OC (per i profani del fanwriting è Original Character, cioè un personaggio inventato da chi scrive inserito nel fandom di cui si parla o scrive) di un'altra autrice con cui ruola lei "allontanando" il mio OC da Logan (beh, come si è soliti dire dalle mie parti "uno è colui che ti tarla il cervello"), mi ha fatto saltare non solo il nervosismo, mi ha fatto crollare anche emotivamente, in virtù del fatto che le mie fanciulle di fantasia hanno sempre un qualcosa che le lega a me e io spesso e volentieri, lascio in loro una parte del mio cuore.
Non voglio che mi ricapiti un'avversione per lo scrivere, mai più. Credo sia stata una delle più brutte esperienze della mia vita (e guai se qualcun altro mi chiede un roleplay, mai più, mai più) e, per quanto sia relativamente forte, la cosa mi ha scosso nel profondo, anche se non sembra. Sarà anche perché mi sono anche allontanata da quest'amica che tuttora vedo come una sorella e a cui voglio un bene dell'anima, no, direi che questo incide non poco.
Tuttavia, mi faccio forza e vado avanti, anche perché so bene che non mi piace mostrarmi debole, per il semplice fatto che potrei somatizzare il malessere e io cerco di essere felice, o meglio, mi ostino a ricercare la felicità.
Sì, voglio essere felice, soddisfatta di me, vivere l'amore, amare a mia volta, sognare e nutrirmi di sogni e passioni, non mi pare che io sbagli in qualcosa.
Sento però che anche il mio spirito o la mia mente non vuole che io corra il pericolo di farmi del male, ecco forse il motivo per cui ho accantonato momentaneamente un dato progetto "letterario".
Il limbo onirico della fluida narrazione di Murakami mi ha dir poco lasciata con una sorta di autoimmesimazione a dir poco profonda, l'ho detto io che mi ha colpita talmente tanto da esser rimasta sbigottita, perché... mi sono sentita Sumire.
Non mi capitava da quando mi sentivo Raskolnikov di Delitto e Castigo oppure Renée de L'eleganza del riccio ed è passato del tempo!
Non riesco a spiegare quella sensazione di astonishment che il romanzo mi ha lasciato, al pari di Pastorale Americana, che termina con una domanda.
E ora la mia domanda è: saprò emozionare anche io così nel momento in cui arriverà la mia tanto ambita e sperata occasione?



sabato 9 febbraio 2013

Un'infiltrata tra gli Assassini.

No, no, non ho ancora preso il porto d'armi per diventare una cacciatrice di taglie, sebbene l'idea mi alletti non poco.
Dico spesso e volentieri "oh, quanto vorrei uccidere Tizio" (o Caio, o Spadavecchia, il caro Spadavecchia del mio dialetto che non mi ha fatto nulla XD), come anche "vorrei ora un Death Note" – ho un debole per L, soltanto a livello intellettuale, sia chiaro, non perché mi vorrei far arrestare da lui per testare la sua e la mia (quanto sono superba!) intelligenza –, ma so bene che il mio volere e il mio desiderio è quello di salvare vite umane, non ucciderle; se vedessi agonizzante qualcuno che per me non merita di vivere, lo aiuterei, non in virtù della missione che vorrei esercitare un giorno, bensì perché sono del parere che esista una giustizia non divina, ma naturale, derivante da una sorta di nous anassagoreo, detto in termini filosofeggianti.

Ciò che voglio dire è che la lettura (sì, sempre lei, onnipresente nella mia vita, signore e signori, fatevene una ragione, ho iniziato a leggere a un anno, non smetto mica ora) mi stimola a fantasticare, a immaginare, a sognare... e a pensare trame, concetti, storie...
In questo caso si tratta di una fanfiction ispirata a una serie di videogiochi che tanto amo: Assassin'S Creed.
Non appena uscì il primo gioco della saga fu amore a prima vista.
Merito anche del fatto che ho sempre amato la storia, sì, almeno fino alla caduta di Napoleone, dopo per me, la storia perde di significato, perché da magistra vitae che si suppone debba essere, commette errori già accaduti in passato, in un climax di orrore crescente, al che mi viene da chiedere: ma l'uomo non ha capito un cazzo in tutti gli anni, i lustri, le decadi, secoli passati?
La cosa peggiore è che la domanda mi pare retorica.

Senza ulteriori vaneggiamenti, stavo dicendo che, leggendo per pura curiosità La Cattedrale del Mare di Ildefonso Falcones, spinta dalla curiosità dei paragoni fatti per intreccio e bellezza del romanzo a I Pilastri della Terra (parlerò di entrambi tra un bel po' in una critica tutta mia) di Ken Follett, autore che apprezzo molto.
E dunque, questo romanzo mi ha molto colpito in positivo, al punto da immaginare, in un piccolo pisolino, un ipotetico ascendente di Desmond nella Barcellona del XIV secolo, epoca in cui Falcones ha ambientato le vicende del suo Arnau, magari incentrare qualcosa alla corte dei due re di Castiglia e Catalogna, nelle lotte per il predominio commerciale contro le Repubbliche Marinare italiane, oppure tra i Bastaixos, gli scaricatori di porto divenuti uomini liberi al punto di formare una confraternita, quella citata nel libro, edificando la cattedrale della Madonna del Mare.
E immagino anche che ci possa essere una donna nella confraternita, per dei motivi che dovrei adattare, costruire.
La mia predilezione per protagonisti femminili, specie se forti e volitive, è palese, non solo perché sia una convinta femminista, ma anche perché alle volte capiti che mi immedesimi con una tale passione in loro, al punto di divenire un tutt'uno con le donne che "creo", che se fossero vive, beh...
Ci proverei con loro a tutto spiano, e chi lo nega.
Ah, che non si urli allo scandalo!
Non tollero bigottismi e cazzate varie. Qui habet aures audiendi, audiat.
Insomma, si è capito che le mie "rotelle" stanno vorticando in una gimcana di fantasia incessante?
Beh, cosa mi manca?
Il tempo.
Sì, lui, il tiranno.
Traendo un profondo sospiro, devo dire che quest'anno nuovo è indice di novità, per me, belle, piacevoli, inconsuete e strane.
Però, come dico sempre, se non si prova a fronteggiare i salti nel vuoto, si resta sempre in una perenne stasi.
La cosa non mi piace.
Siamo in continuo divenire e io voglio vivere appieno il mio, scrivendolo di tutto pugno.
Ardendo di viva fiamma, di volontà piena.



domenica 20 gennaio 2013

Be one

Alle volte, quando le cose appaiono poco chiare, indefinite, destinate ad essere soltanto un'entità in balia del divenire, ecco che mi riappare di nuovo in sogno, senza che io l'abbia pensato o addirittura nominato, cosa che in passato avveniva costantemente.
Lui...
Dannazione, per caso hai pensato che proprio ora io possa dimenticarmi di te?
Desideri per caso imbrigliarmi a te, in preda a un puro egoismo, proprio ora che...
... Potrei essere felice?
E no, eh, non ci riuscirai, stavolta non sarà così, non ti permetterò di fare come hai sempre fatto!
Mi hai insegnato ad avere coraggio, e in questo caso, se si tratta di lottare contro di te, allora lo farò!



venerdì 18 gennaio 2013

You're not alone

Posso dire di non essere sola, posso dire di pensare, agire, sopravvivere e soprattutto vivere, solo ed esclusivamente se posso trarre vigore, nutrimento e forza dalla mia unica ragione d'essere...

sabato 5 gennaio 2013

Gli haiku e io...

Ho scoperto con sommo piacere che, di tanto in tanto, esternare i miei sentimenti con gli haiku, piccole composizioni poetiche di stampo e influenza giapponese, mi fa bene.
Mi permette di conciliare il mio animo recalcitrante e tanto prolisso e un sincretismo che avverto crescente nel mio animo, perché alle volte, con poche parole sono capace di ferire.
Pesantemente, anche, in certi casi.
Quindi, siccome sono così pessimista e anche molto fatalista per certi versi, perché non usare la poesia come piccolo placebo capace di alleviare la mia negatività seppur per poco?
Pare che, come soluzione fisiologica, rechi sollievo.
E fin quando è così, mi sta bene...