lunedì 25 febbraio 2013

Indignazione.

E poi io non devo uscire dai gangheri quando leggo certe cose... anzi, no, incazzarmi come una bestia.
Per una volta che ho preso coraggio nella mia vita, di mettermi in gioco, mandando degli haiku per un concorso, leggo un commento al bando del concorso, scritto da una tizia, cioè questo:

Ciao,
scrivo haiku da 2 anni ma ho già ottenuto ottimi successi a livello nazionale e internazionale, quindi vorrei partecipare alla vostra bella iniziativa.


Orbene.

Se questa tipa ha già ottenuto ottimi successi (lo ha scritto lei) a livello nazionale e internazionale, allora, dico io, perché cazzo ancora cerca di ottenere successi anche per un concorso che non è ora tanto "nazionale o internazionale" mentre ci sono autori che si sbattono per trovare uno straccio di posto per emergere?
Cosa la spinge? Ha fame di fama?
Non ne ho idea.
Sembra ai miei occhi un leit-motif che inneggia al "più ho, più desidero".
Mi ricorda molto quegli studenti di Medicina che, entrati lo stesso anno mio, già con una laurea alle spalle e un lavoro sicuro.
"Ma io volevo fare Medicina" e intanto però avete tolto il posto a poveri maturandi appena usciti dal liceo che, per colpa vostra non sono entrati, non avendo le conoscenze scientifiche che un laureato nel settore (biologia, farmacia, biotecnologie ecc...) può avere pregresse.
Certe cose mi fanno venire una gran voglia di... farli neri, va', usiamo un eufemismo.
Fatto sta che io non ci sto, a modo mio darò voce ai miei sogni, alle mie aspirazioni e soprattutto al mio voler far vivere Lei come io desidero.

mercoledì 20 febbraio 2013

A piece of peace.

Questo piccolo post è solo per compiacere il mio bizzarro fangirleggiamento del momento.
Sin da questa mattina, mi sono resa conto di provare un'affinità per Akihiro/Daken, e non perché sia il figlio del personaggio che amo o perché sia bisessuale (ci possiamo stringere la mano, credo, sempre che non voglia uccidermi), ma perché è cinico.
E perché ha imparato ad amare, a modo suo, direi. Non è un amore convenzionale, il suo.
Mi piace molto vederlo accanto a Donna Kiel, l'agente di Los Angeles, che egli vede simile a lui perché sono pazzi, deviati, folli...
Per come si sono evolute le cose, in modo molto tragico direi, mi spiace non poco per loro due.
Sorge così la mia voglia di scrivere di loro.
E di far emergere il mio romanticismo che sta tornando a galla dopo venti anni di dura repressione non per mia scelta.
Stasera, fin quando non crollo, vedo di scrivere ciò che ho abbozzato oggi, e sono sicura che sfocierò nel passionale e nel viscerale.
Sì, mi piace, sì, mi piace descrivere emozioni forti e viverle... per poi narrarle.
Sono fatta così.
Sarò accompagnata dagli Alter Bridge, specie da Broken Wings, perfetta per Donna e Akihiro.
Ebbene, sarò in pace, tambureggiando sui tasti del computer...





giovedì 14 febbraio 2013

La ragazza dello Sputnik.

Tra la notte del dodici e il conseguente inizio del tredici febbraio, ho terminato di divorare l'omonimo romanzo di Murakami da cui questo post prende il titolo (sì, alle volte la mia fantasia nei titoli è un limite tendente allo zero).
Era da tanto che non mi capitava di non leggere un libro intero nel giro di poche ore, ma devo ammettere che il romanzo è di per sé breve (236 pagine per rapporto ai grandi romanzi che leggevo prima che – ahimè – iniziassi l'università, che non mi dà molta possibilità di leggere testi “impegnati”, sì, sono ben lontani i tempi di Guerra e Pace o di Io Uccido, quest'ultimo letto in tre ore di fila).
La cosa che mi rende molto più felice è la catarsi che ho provato alla fine della lettura e quella sensazione di riempimento nel mio cuore, quella che sento ogni volta che imparo qualcosa di nuovo, è molto forte stavolta, lo riconosco. Ovviamente non farò spoiler del finale del romanzo, ma darò solo la mia visione delle cose.
Avendo letto la trama sia sul retro della copertina, sia le prime pagine in libreria, avevo capito che, in un modo o nell'altro, mi sarei immedesimata in Sumire, colei che considero la protagonista principale a tutti gli effetti.
I perché sono particolari, ma questa sera mi sento serena, al di là di tutte le preoccupazioni che ho nell'animo, perciò, utilizzando la mia ragione di vita, la scrittura, mi sfogherò, come in un diario.
Sumire si innamora di una donna. Di diciassette anni più grande di lei.
Non c'è nulla di male, anche io mi sono infatuata due volte di due ragazze e non appena ne vedo una molto carina o bella lo dico senza riserve, e sì, non sono attratta solo dal persone del sesso opposto al mio.
Se avete problemi, il mitico Albertone vi dice che il sindaco di Quel Paese è amico suo: andateci, di corsa.
Ma lei si innamora in un modo totalizzante, che le investe lo spirito e il cuore, come mai nessuno aveva fatto prima.
Murakami lo dice bene:

Fu un amore travolgente come un tornado che avanza inarrestabile su una grande pianura. Spazzò via ogni cosa, trascinando in un vortice, lacerando e facendo a pezzi tutto ciò che trovò sulla sua strada, e dietro non si lasciò nulla”.

E questo, beh... Logan è il migliore in quello che fa, e ciò che Myu ha fatto con Sumire, lui lo ha fatto con me.
Sumire è una scrittrice, o meglio, vuole diventarlo, a tutti i costi.
Citando l'autore, egli della passione della ragazza scrive così:

In quel periodo Sumire stava lottando con tutte le sue forze per diventare una scrittrice di professione. Anche se sapeva bene che in questo mondo ci sono infinite possibilità, per lei non vi era altra strada praticabile se non quella per diventare scrittrice, una scrittrice di romanzi. Questa determinazione era più dura delle rocce mesozoiche, e non la-sciava spazio a compromessi. La sua fede era così assoluta che tra lei e la letteratura non passava nemmeno un capello”.

La sua passione è così forte che niente e nessuno le impedisce di fare ciò che desidera davvero, scrivendo sempre, in ogni circostanza.
Anche se sembro invincibile in quanto a determinazione, alle volte cado in preda allo sconforto, ma questo romanzo mi ha insegnato a stringere di più i denti, interpretandolo a modo mio.
Un'altra cosa che mi ha colpito molto è il "blocco" per la scrittura che poi Sumire vive, mentre passa sempre più tempo con la donna che desidera.
Bizzarro, no?
No, non direi.
Sumire avverte in cuor suo di non essere ancora pronta per fare il salto di qualità e diventare una professionista, che le manchi ancora l'esperienza e il narratore, che la ama pur essendogli amico, gli dice, usando la similitudine della struttura narrativa di un romanzo con un albero di trasmissione di un'auto, che:


"Il problema più grosso è che tu non sai ancora di che racconto si tratta. Non conosci la trama, e lo stile è ancora tutto da definire. Conosci solo il nome della protagonista. E tuttavia, ciò ti sta cambiando realmente. Con un po' più di tempo, credo che questo nuovo congegno narrativo comincerà a ingranare in modo da proteggerti, e che tu riuscirai a vedere un mondo nuovo. Ma ancora non sei pronta. E naturalmente, sei esposta al pericolo".

Ecco, è come se avesse paura di un qualcosa a lei ignoto. Una paura viscerale, che la blocca, e da lì ho iniziato a pensare.
E se capitasse anche a me, di nuovo?
Dico "di nuovo" perché mi era capitato nella seconda metà dello scorso anno, perché facevo roleplay con un'amica che impersonava il mio eroe.
E, giusto per provare (cito lei pari pari), ha inserito nel roleplay un OC (per i profani del fanwriting è Original Character, cioè un personaggio inventato da chi scrive inserito nel fandom di cui si parla o scrive) di un'altra autrice con cui ruola lei "allontanando" il mio OC da Logan (beh, come si è soliti dire dalle mie parti "uno è colui che ti tarla il cervello"), mi ha fatto saltare non solo il nervosismo, mi ha fatto crollare anche emotivamente, in virtù del fatto che le mie fanciulle di fantasia hanno sempre un qualcosa che le lega a me e io spesso e volentieri, lascio in loro una parte del mio cuore.
Non voglio che mi ricapiti un'avversione per lo scrivere, mai più. Credo sia stata una delle più brutte esperienze della mia vita (e guai se qualcun altro mi chiede un roleplay, mai più, mai più) e, per quanto sia relativamente forte, la cosa mi ha scosso nel profondo, anche se non sembra. Sarà anche perché mi sono anche allontanata da quest'amica che tuttora vedo come una sorella e a cui voglio un bene dell'anima, no, direi che questo incide non poco.
Tuttavia, mi faccio forza e vado avanti, anche perché so bene che non mi piace mostrarmi debole, per il semplice fatto che potrei somatizzare il malessere e io cerco di essere felice, o meglio, mi ostino a ricercare la felicità.
Sì, voglio essere felice, soddisfatta di me, vivere l'amore, amare a mia volta, sognare e nutrirmi di sogni e passioni, non mi pare che io sbagli in qualcosa.
Sento però che anche il mio spirito o la mia mente non vuole che io corra il pericolo di farmi del male, ecco forse il motivo per cui ho accantonato momentaneamente un dato progetto "letterario".
Il limbo onirico della fluida narrazione di Murakami mi ha dir poco lasciata con una sorta di autoimmesimazione a dir poco profonda, l'ho detto io che mi ha colpita talmente tanto da esser rimasta sbigottita, perché... mi sono sentita Sumire.
Non mi capitava da quando mi sentivo Raskolnikov di Delitto e Castigo oppure Renée de L'eleganza del riccio ed è passato del tempo!
Non riesco a spiegare quella sensazione di astonishment che il romanzo mi ha lasciato, al pari di Pastorale Americana, che termina con una domanda.
E ora la mia domanda è: saprò emozionare anche io così nel momento in cui arriverà la mia tanto ambita e sperata occasione?



sabato 9 febbraio 2013

Un'infiltrata tra gli Assassini.

No, no, non ho ancora preso il porto d'armi per diventare una cacciatrice di taglie, sebbene l'idea mi alletti non poco.
Dico spesso e volentieri "oh, quanto vorrei uccidere Tizio" (o Caio, o Spadavecchia, il caro Spadavecchia del mio dialetto che non mi ha fatto nulla XD), come anche "vorrei ora un Death Note" – ho un debole per L, soltanto a livello intellettuale, sia chiaro, non perché mi vorrei far arrestare da lui per testare la sua e la mia (quanto sono superba!) intelligenza –, ma so bene che il mio volere e il mio desiderio è quello di salvare vite umane, non ucciderle; se vedessi agonizzante qualcuno che per me non merita di vivere, lo aiuterei, non in virtù della missione che vorrei esercitare un giorno, bensì perché sono del parere che esista una giustizia non divina, ma naturale, derivante da una sorta di nous anassagoreo, detto in termini filosofeggianti.

Ciò che voglio dire è che la lettura (sì, sempre lei, onnipresente nella mia vita, signore e signori, fatevene una ragione, ho iniziato a leggere a un anno, non smetto mica ora) mi stimola a fantasticare, a immaginare, a sognare... e a pensare trame, concetti, storie...
In questo caso si tratta di una fanfiction ispirata a una serie di videogiochi che tanto amo: Assassin'S Creed.
Non appena uscì il primo gioco della saga fu amore a prima vista.
Merito anche del fatto che ho sempre amato la storia, sì, almeno fino alla caduta di Napoleone, dopo per me, la storia perde di significato, perché da magistra vitae che si suppone debba essere, commette errori già accaduti in passato, in un climax di orrore crescente, al che mi viene da chiedere: ma l'uomo non ha capito un cazzo in tutti gli anni, i lustri, le decadi, secoli passati?
La cosa peggiore è che la domanda mi pare retorica.

Senza ulteriori vaneggiamenti, stavo dicendo che, leggendo per pura curiosità La Cattedrale del Mare di Ildefonso Falcones, spinta dalla curiosità dei paragoni fatti per intreccio e bellezza del romanzo a I Pilastri della Terra (parlerò di entrambi tra un bel po' in una critica tutta mia) di Ken Follett, autore che apprezzo molto.
E dunque, questo romanzo mi ha molto colpito in positivo, al punto da immaginare, in un piccolo pisolino, un ipotetico ascendente di Desmond nella Barcellona del XIV secolo, epoca in cui Falcones ha ambientato le vicende del suo Arnau, magari incentrare qualcosa alla corte dei due re di Castiglia e Catalogna, nelle lotte per il predominio commerciale contro le Repubbliche Marinare italiane, oppure tra i Bastaixos, gli scaricatori di porto divenuti uomini liberi al punto di formare una confraternita, quella citata nel libro, edificando la cattedrale della Madonna del Mare.
E immagino anche che ci possa essere una donna nella confraternita, per dei motivi che dovrei adattare, costruire.
La mia predilezione per protagonisti femminili, specie se forti e volitive, è palese, non solo perché sia una convinta femminista, ma anche perché alle volte capiti che mi immedesimi con una tale passione in loro, al punto di divenire un tutt'uno con le donne che "creo", che se fossero vive, beh...
Ci proverei con loro a tutto spiano, e chi lo nega.
Ah, che non si urli allo scandalo!
Non tollero bigottismi e cazzate varie. Qui habet aures audiendi, audiat.
Insomma, si è capito che le mie "rotelle" stanno vorticando in una gimcana di fantasia incessante?
Beh, cosa mi manca?
Il tempo.
Sì, lui, il tiranno.
Traendo un profondo sospiro, devo dire che quest'anno nuovo è indice di novità, per me, belle, piacevoli, inconsuete e strane.
Però, come dico sempre, se non si prova a fronteggiare i salti nel vuoto, si resta sempre in una perenne stasi.
La cosa non mi piace.
Siamo in continuo divenire e io voglio vivere appieno il mio, scrivendolo di tutto pugno.
Ardendo di viva fiamma, di volontà piena.